Quattro soluzioni per aiutare le foreste in un clima che cambia

Come spiega Craig Welch nell’ultimo numero di National Geographic, il cambiamento climatico rappresenta una nuova e profonda minaccia per le foreste di tutto il mondo. La deforestazione è una minaccia più antica e ancora più grande. Non c’è niente di più importante che gli esseri umani possano fare per le foreste, che sono su questo pianeta da centinaia di milioni di anni, che ridurre le nostre emissioni di gas serra e smettere di abbattere gli alberi.

Nella migliore delle ipotesi, il cambiamento climatico non si fermerà per decenni e gli alberi e le foreste lo stanno già affrontando. Gli scienziati stanno lavorando a soluzioni per aiutarli ad adattarsi. Eccone alcune:

  • il concetto di migrazione assistita
    Il cambiamento climatico sta condizionando le temperature in tutto il mondo e gli alberi non possono camminare. Nel 2009, il servizio forestale della Columbia Britannica ha avviato il più grande esperimento di migrazione assistita al mondo. In 48 siti, gli scienziati hanno piantato griglie ordinate di piantine di 15 specie diverse raccolte da 47 boschi della Columbia Britannica, 152.376 alberi in tutto.
    Dopo circa 10 anni, molti degli alberi che stanno fiorendo provenivano da popolazioni di poche centinaia di miglia a sud, segno di quanto il clima sia già cambiato. I primi dati sono stati così convincenti che nel 2018 l’agenzia forestale della Columbia Britannica ha ufficialmente adottato una politica che richiede ai silvicoltori di utilizzare semi provenienti da zone a clima più caldo per i 280 milioni di alberi che piantano ogni anno.
    L’esperimento ha ribaltato una delle regole più basilari della silvicoltura moderna: l’attenzione verso la pianta locale. Piccole modifiche genetiche, affinate nel corso delle generazioni, possono aiutare un larice dell’Idaho a gestire meglio le estati più secche di quelle della Columbia Britannica o possono far sì che un pino colombiano britannico cresca più avanti nella stagione rispetto al suo cugino dello Yukon. Ma ora quegli adattamenti locali sono necessari in posti nuovi.
    All’interno e all’esterno della Columbia Britannica, gli scienziati hanno discusso aspramente sull’etica dell’allontanamento delle specie dai loro attuali areali.
    Dopotutto, le introduzioni passate a volte avevano causato orribili problemi di specie invasive. Altri hanno ribattuto che gli esseri umani avevano già imposto un cambiamento senza precedenti agli ecosistemi e che i rischi dell’inazione potessero essere maggiori.
  • Piantare le giuste piante, nei giusti luoghi
    Piantare alberi sembra un modo semplice e naturale per contrastare i forti impatti del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità. Gli alberi forniscono l’habitat della fauna selvatica e assorbono anidride carbonica dall’atmosfera.
    Non c’è da stupirsi che gli alberi siano accolti come l’arma ideale per risolvere questi problemi. Perché non piantare di più e risolvere più problemi? Eppure, per ogni operazione di semina di alto profilo, si sono verificati fallimenti devastanti. In Turchia, Sri Lanka e Messico, le piantagioni di massa hanno provocato la morte di milioni di piantine o hanno spinto gli agricoltori a ripulire foreste più intatte altrove. Gli alberi piantati nei posti sbagliati hanno ridotto la resa idrica per gli agricoltori, distrutto suoli erbosi altamente diversificati che catturano carbonio o lasciato che la vegetazione invasiva si diffonda. La riforestazione del pianeta non può sostituire la riduzione delle emissioni di carbonio, petrolio e gas naturale.
    Anche la piantumazione di alberi non può sostituire le foreste secolari. Ci sono voluti centinaia o migliaia di anni per affinare quegli intricati sistemi biologici (e di sequestro del carbonio). Salvarli è ancora più importante che coltivare nuove foreste.
    Ma quindi quale può essere la soluzione? Come spiega l’articolo di National Geographic, un’opzione promettente è ripristinare le foreste native, principalmente ai tropici, dove gli alberi crescono velocemente e la terra è a buon mercato. Qui la piantumazione ha particolare importanza, così come lo ha lo sgombero delle erbe invasive, il ringiovanimento dei suoli o il miglioramento dei raccolti per gli agricoltori, in modo che sia necessaria meno terra per l’agricoltura e possa essere consentito il ritorno alle foreste.
  • Costruire alberi più robusti con l’ingegneria genetica
    Un ottimo esempio è costituito dal lavoro della American Chestnut Foundation, che sta modificando il DNA del castagno americano per renderlo più forte alla peronospora.
    La peronospora del castagno è causata da un fungo insidioso che lascia cancri di colore arancione sul tronco e sugli arti di un albero. Queste rientranze macchiate, che ricordano un livido, possono soffocare il flusso di acqua e sostanze nutritive dell’albero. Il fungo, Cryphonectria parasitica, risparmia i giovani. Ma quando la corteccia dell’albero invecchia, si spezza, lasciando entrare microscopiche spore fungine nel tronco, dove rilasciano acido ossalico che uccide il tessuto dell’albero. Nei loro tentativi di salvare le castagne, i silvicoltori hanno spruzzato gli alberi con fungicidi, li hanno infettati con virus che uccidono i funghi e hanno persino raso al suolo alberi infetti. Gli sforzi per allevare castagne americane con controparti cinesi per creare un ibrido resistente alla peronospora iniziarono già negli anni ’30 e sul serio negli anni ’50.
  • Lasciare le foreste crescere secondo natura
    Questo approccio pratico evita la piantumazione di alberi quando possibile e sostiene in gran parte il rispetto delle specie autoctone. L’obiettivo è replicare gli ecosistemi delle foreste selvagge lasciando dietro di sé il legno morto e raccogliendo selettivamente solo gli alberi più maturi. Lasciare che i rami secchi e le chiome degli alberi marciscano lentamente restituisce i nutrienti al suolo, migliorando la salute e la diversità degli alberi sopravvissuti.
    Alcuni scienziati ritengono però che con l’accelerazione del cambiamento climatico sarà anche importante prendere in considerazione la possibilità di piantare specie più resistenti alla siccità importate da altri posti.
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Team The Greenest

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