Quella della Tasmania è una delle poche storie ambientaliste a lieto fine. Una storia che racconta di come la Tasmania si sia trasformata da stato emetittore, a uno dei pochissimi al mondo “carbon negative”. Un luogo dove ogni albero raccolto viene ripiantato o rigenerato per il futuro. Di fatto la Tasmania è riuscita nell’impensabile risultato di riuscire ad assorbire più CO2 di quanta ne emette.
Una storia da “rigenerare”.
Qualche centinaia di anni fa la Tasmania era un luogo incontaminato, composto per lo più da piccole baie, con mari ricolmi di pesci e biodiversità, tutto circondato da vaste foreste di eucalipto. Con l’inizio degli insediamenti umani nell’Ottocento l’ecosistema cominciò a sgretolarsi. Un processo che ha raggiunto il suo apice nel 1972 quando la zona nota come Gunns Triabunna Mill diventò la sede di un’importante industria di truciolato. L’azienda in pochissimo tempo aveva conosciuto una crescita esponenziale nel mondo diventando un grosso esportatore. Così laddove sorgevano foreste, c’erano solo grandi macchinari e decine di milioni di alberi abbattuti da trasformare in trucioli. L’azienda è stata per anni oggetto di grandi scontri e dibattiti, intraprendendo cause legali importanti pur di continuare l’attività. Finché nel 2011 un po’ a causa della crisi economica e un po’ per il pressing dell’opinione pubblica, la società venne temporaneamente chiusa.
Spring Bay Mill ovvero la “primavera” della Tasmania.
Ad approfittare di questa pausa favorevole sono stati due ambientalisti milionari ovvero Jan Cameron e Graeme Wood. I due acquistarono il sito chiamandolo Spring Bay Mill. Lo scopo era quello di ripristinare il legno disboscato negli anni iniziando dal blocco degli abbattimenti e piantumando 10mila piante. Hanno poi costruito alloggi ecosostenibili e fattorie, avviando un circolo virtuoso di arte e cultura dell’ambiente. L’intera area è diventata un punto di riferimento internazionale per le questioni ambientaliste e tuttora un monito da seguire. Uno studio infatti, ha dimostrato come la zona sia completamente “carbon negative”.
“Con la giusta gestione possiamo comunque soddisfare la domanda di legname senza aumentare di tanto le emissioni. L’importante è agire come in Tasmania dove ogni singolo albero che viene raccolto viene ripiantato o rigenerato per il futuro”
Autori dello studio.
La Tasmania è passata quindi da emettitore di circa 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno a un “pozzo” che ne assorbe oggi la stessa quantità. Insomma un esempio che non resta che seguire dall’Australia e dal resto del mondo.
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